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“L'odio non è forza creativa, solo l'amore crea. Massimiliano Kolbe l'uomo che per amore salvò la vita al fratello” era il tema dell'incontro di domenica 26 gennaio a Gallico. Organizzato dall'associazione culturale Phonè, in collaborazione con il santuario Madonna della Grazia di Gallico e l'associazione culturale Anassilaos Reggio Calabria, ha avuto come relatore p. Antonio Maria Carfì, docente di Mariologia. 

L'associazione culturale Phonè ha scelto di non parlare di una delle più crudeli e vergognose pagine della storia dell'uomo, causa di indicibile sofferenza fisica e morale per ebrei, disabili, rom e dissidenti. Infatti, esiste una vasta produzione libraria e cinematografica che illustra le cause filosofiche, sociali, economiche del sacrificio di milioni di esseri umani vissuti Sotto lo stesso cielo, come hanno ricordato i versi di Valentina Maria Branca letti in apertura dei lavori dalla poetessa Pina De Felice. L’incontro ha preferito rievocare l'eroica figura di p. Massimiliano Kolbe, proclamato santo nel 1982 da san Giovanni Paolo II. 

Al secolo Rajmund Kolbe (Zduńska Wola, 8 gennaio 1894-Auschwitz 14 agosto 1941) è stato un francescano polacco dalla vita non semplice. Di salute fragile (a Roma aveva contratto la tubercolosi), ma dotato di un carattere forte, era aperto, disponibile verso gli altri, capace di relazionarsi e stringere amicizia con tutti quelli che incontrava sulla sua strada. Kolbe, cresciuto in una famiglia religiosa che lo ha sostenuto nella sua vocazione, ha posto al centro della sua spiritualità e mandato presbiterale (ricevuto il 28 aprile 1918 nella Basilica di Sant'Andrea della Valle) la figura di Maria Immacolata. Questa fa da “tramite” tra l'uomo e Dio. A lei ci si può affidare con amore e fiducia. P. Kolbe si distingueva per il grande impegno, la competenza e l'intensa pratica religiosa nella recita del santo rosario, nell'adorazione del Santissimo e nella venerazione della Vergine Maria. A lui si deve la fondazione della Città di Maria. Fu anche missionario in Oriente, ma nel 1936 rientrò in patria dove divenne vittima della persecuzione nazista.

Il relatore p. Antonio Maria Carfì, dei Piccoli Fratelli e Sorelle dell’Immacolata, ha focalizzato bene la spiritualità dell'uomo e del presbitero. In una storia scritta col sangue di uomini, donne e bambini indifesi, umili e innocenti che hanno visto annientata la loro dignità umana senza un perché e senza una colpa nei confronti dei torturatori, Kolbe non ha esitato a sacrificare la sua vita per salvare un estraneo. Per lui era un fratello, disperato all'idea di non poter più rivedere i propri figli. “Il santo - ha sottolineato p. Carfì - ha vissuto l'amore di Cristo fino al sacrificio per l’altro, quell’altro che ancora oggi fa paura perché diverso dalla propria cultura e dai propri interessi, un ostacolo e un nemico da combattere e abbattere”.

Uomo esile fisicamente, ha dato prova di una maestosa forza spirituale in grado di turbare la coscienza del suo assassino. Come ha detto papa Giovanni Paolo II: “Con il suo martirio, Massimiliano Kolbe ha riportato la vittoria mediante l'amore e la fede in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell'uomo”.
Un momento particolarmente toccante è stato vissuto dal numeroso pubblico che gremiva il santuario e che, in piedi e con una candela accesa in mano, ha ascoltato la lettura delle testimonianze della sofferenza e morte di San Massimiliano Kolbe da parte di Stefano Iorfida e Giacomo Marcianò dell’associazione Anassilaos.

È stato eseguito anche un canto, tratto da un musical dedicato al santo, interpretato dal soprano Irene Giordano e p. Gaetano Lombardo, rettore del Santuario, con l'accompagnamento musicale dei chitarristi Saverio Chirico e Carmine Chirico.
A conclusione, è avvenuta l'esposizione della reliquia ex corpore di un uomo del quale rimane, a imperituro esempio, il ricordo del suo eroico gesto d'amore.



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