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Nella parabola del Buon Samaritano (Lc 10,25-37) il sacerdote e il levita vedono l’uomo moribondo, ma lo ignorano, guardano, ma non si fermano. Per Francesco oggi, anche noi, “di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori”. Ignorare tutto ciò significa ignorare Dio stesso.

Guarda caso proprio un samaritano “impuro”, un eretico, disprezzato e nemico “ebbe compassione”: il  suo cuore, le sue viscere, si sono commosse. Invece gli altri due (religiosi!) rimasero freddi, chiusi.

L’opposto della compassione è l’indurimento del cuore. “È perdita dell’umanità, è il paganesimo segnato dall’insensibilità verso la sofferenza degli altri” (card. Schönborn).

L’Europa (dove crescono barriere, egoismi, cortine di ferro) ritrovi le radici, la sua storia, i suoi valori, altrimenti si frantuma, si distrugge e diviene disumana, un deserto arido. Le canoniche delle parrocchie e le case religiose che aprono le porte e il cuore all’accoglienza dei più deboli sono segni efficaci e credibili di misericordia, di resurrezione. Ma sono anche luci che indicano a tutti come salvarsi.

Non è facile, il cammino è tutto in salita, ma è compito della chiesa, con umiltà e coraggio, dare un’anima al mondo, che sceglie il mercato disumano ed escludente come unica religione a cui obbedire, una religione che provoca l’abbandono di centinaia di milioni di persone (la “cultura dello scarto”).

Le opere di misericordia corporale ci invitando ad agire. Di fronte al senza tetto, alla famiglia che non arriva a fine mese, agli immigrati che sbarcano da noi, di fronte agli anziani soli che fare? Che risposta diamo alle gravi e ripetute violazioni della libertà di religione e di credo? Serviamo Gesù Crocifisso in ogni persona emarginata, toccando la carne di chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo. Lì incontriamo il Signore, lì c’è la possibilità (donata proprio a tutti) di salvarsi e “avere la vita eterna” (v. 25).  

A partire da questo Giubileo, anche chi ha il cuore indurito si lasci scuotere dalla tristezza e dalla disperazione “di quanti si sono visti perfino sottrarre il corpo dei loro cari, e non hanno più neppure un luogo dove poter trovare consolazione”. Come il Samaritano (e Gesù) lasciamoci tutti toccare, nelle viscere, per chi soffre. Come succede a una donna quando porta in grembo un piccolo. La misericordia è un amore che non distingue dove finisce il tuo essere e comincia quello della tua creatura. Ciò che è fatto a lei “lo senti fatto a te”.

Ma la compassione del samaritano va oltre il puro sentimento, fino a prendersi cura e ristabilire del tutto chi era ferito a morte. La parabola finisce: “Và e anche tu fa così”. Sii prossimo di chiunque ha bisogno di te. Chiesa “in uscita”, sii ospedale da campo che si avvicina, si abbassa, cura le ferite e riscalda i cuori.

La misericordia di Dio ci trasformi e ci spinga a farci carico della croce dei fratelli, dei poveri, del mondo, del creato. 



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