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Nel 1986, trent’anni fa, ad Assisi avvenne uno storico incontro, convocato da Giovanni Paolo II. Per rievocare quello stesso spirito, a metà settembre si sono riuniti cinquecento leader religiosi, per pregare e riflettere insieme. C’erano ben 26 delegazioni dal mondo musulmano, per ribadire che l’islam è religione di pace. Coloro che, in nome di Dio, praticano la violenza (come fa il Califfato in mano all’isis/daesh) bestemmiano e commettono sacrilegio. Sulla scia del frate di Assisi, si chiede alle religioni non solo di “disarmarsi” una volta per tutte, ma di mettere in atto gesti concreti e audaci.

Come sta avvenendo in Centro Africa dove, dopo la recente visita di Francesco, si sta voltando pagina. Lì, ora, la religione non è più arma di scontro, ma forza di riconciliazione. A Lakuanga gli islamici stanno riparando una moschea con l’aiuto dei cristiani. Altrove i musulmani contribuiscono a riedificare le chiese. Hanno compreso, dopo tanta violenza e sofferenza, che la pace è l’unica strada, che con essa c’è tutto da guadagnare e che con la guerra si perde tutto.

E che è possibile, pur essendo differenti, superare la paura, diventare amici e vivere insieme.

Anche l’evento di Assisi ci fa prendere coscienza che le religioni devono solo unire, legare le persone e i popoli. Certo, per dialogare occorre lasciarsi trasformare dall’altro, “uscire da se stessi” senza mai venir meno ai propri valori. Ma la nostra è ormai irreversibilmente una società cosmopolita, multiculturale, multireligiosa. Non si torna indietro! È inutile alimentare paure e sottrarci al vivere insieme. Papa Francesco sprona l’Europa a vincere “il paganesimo dell’indifferenza”, virus che paralizza, per credere nel dialogo capace di ricostruire il tessuto della società. Ecco le sue bellissime parole.

“Non possiamo chiudere l’orecchio al grido di dolore di questi nostri fratelli e sorelle che soffrono per la guerra (…). La violenza delle armi distrugge la gioia della vita. Noi non abbiamo armi. Crediamo più nella forma mite ed umile della preghiera e perciò tutti insieme invochiamo Dio perché cessino guerre, terrorismo e violenza. Cerchiamo in Lui l’acqua limpida della pace di cui l’umanità è assetata.

Essa non può scaturire dai deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre avide del guadagno a tutti i costi e del commercio delle armi. Oggi non abbiamo pregato, noi di tutte le religioni, gli uni contro gli altri, come purtroppo talvolta è avvenuto nella storia. Ma tutti insieme per la pace dei corpi e delle anime”.

Ascolteremo, noi tutti, questo coraggioso appello? È in gioco il futuro dell’umanità. 



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