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Animazione Missionaria e Vocazionale

Desio (MB)


  • Via Don Milani, 2 20832 Desio MB

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  • desio@saveriani.it
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  • IBAN: IT 71F06230 33100 000046222194 (Cariparma Credit Agricole, Desio)
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Presentazione

La nostra casa vuole dunque essere “spazio aperto” di condivisione con la famiglia saveriana, composta dai missionari saveriani, dalle missionarie saveriane e dai laici saveriani. Insieme incroceremo cammini di vita alla luce di Cristo con un grande desiderio di felicità e di pace.

Cdesio celebrazionei rispecchieremo in tanti popoli con i loro volti, le loro storie e con le sfide come la pace, la giustizia, il dialogo interreligioso e interculturale, la salvaguardia del creato.

Qui, dall’inizio alla fine, la missione è intesa come incontro tra persone in Cristo che, secondo continenti, modalità e tempi diversi, suscita sfide, accende il cuore di desideri e porta a formulare progetti.

Offriamo, dunque, strumenti di animazione, itinerari e proposte di formazione, incontri di Spiritualità alla luce del Vangelo, l’ascolto di testimoni, di missionari che hanno già fatto la loro scelta di vita accanto agli ultimi del mondo.

Insieme, ci collegheremo con tante persone già impegnate nella diffusione del Vangelo e anche noi potremo scoprire cammini per farlo a partire dal nostro territorio, dal nostro ambiente lavorativo, scolastico o universitario, per essere anche noi proiettati verso gli altri… “fino agli estremi confini della terra!

STORIA D'INNAMORAMENTO: ESPERIENZA MISSIONARIA IN RDC 2019

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“Io rimango”

Quando mi sono seduto per scrivere alcune righe sull’esperienza in Congo con sei giovani, mi è venuto in mente un libro regalatomi da Angelo e Cinzia. Una coppia genovese, compagni di scuola. Il titolo del libro è Amatevi come io vi ho amato (Gv. 15,12). Questo libro parla dell’amore. Parla della Carità. E mi venivano in mente queste parole: Poiché la carità è concretezza, la carità rifugge dalle tante parole. Ogni volta che la carità si copre di parole, batte una strada sbagliata.

Dopo il tempo di preparazione in Italia, è giunto il giorno – 15 luglio – di partire dalla Malpensa. Questo viaggio missionario nella R. D. Congo è stato più verso se stessi, dentro la propria vita. sono le parole dei giovani a testimoniare: volevo conoscere il mondo e conoscere me stesso. Ho conosciuto me stessa. Ho scoperto un’altra persona che mi piace di più: che sa amare, che non ha pregiudizi e che crede. Sono felice. Ho raggiunto i miei obiettivi, ho fatto più di quello che mi aspettavo. Ho incontrato situazioni diverse che mi hanno colpito profondamente. Ho rivisto la felicità nella semplicità. Ho avuto modo di riscoprire il cristianesimo come centralità dell’amore, l’amore come servizio. Ho trovato felicità e amore.

Le parole così cariche esprimono, rivelano la profondità dell’esperienza vissuta dai giovani. Tutto questo perché sono riusciti a mettersi in gioco, a rischiare, a osare, a curiosare. La capacità del rischiare ha permesso loro di dare e ricevere amore. Di dare e ricevere abbracci, affetto, sorrisi. La capacità di curiosare ha permesso loro di capire, di entrare, di relazionare con un popolo cosi diverso. cultura diversa. Lingua diversa. Cibi quasi diversi. Logiche diverse. Storie diverse. Opportunità diverse. Passati diversi.

L’esperienza missionaria ha come centro la Persona di Gesù Cristo. È l’esperienza d’amore. È storia d’incontro tra innamorati. Due pazzi. Due matti. Tutto questo perché Cristo si è innamorati di noi e ci rende capaci di innamorarci delle persone concrete con le loro storie come sono. Innamorarsi dei costumi. Innamorarsi del cibo, dei ritardi… Dio ci vuole persone innamorate, solari, contente, felici, entusiasti. Solo se siamo contenti possiamo prendere delle decisioni pazze, incomprensibili, illogiche, rischiose. Occorre rischiare. Vi racconto una cosa che mi ha commosso fino alle viscere.

Siamo arrivati a Goma due giorni dopo il primo caso di ebola. Già ad Addis Abeba avevamo fatto il primo incontro per permettere ai ragazzi di esprimere le loro emozioni. A Goma era impossibile non abbracciare i bambini che si gettavano tra le nostre braccia per accoglierci. In mezzo a più di mille bambini come fare a non toccarsi, abbracciarsi? Il rischio di contagio era molto elevato. I parenti dei giovani in Italia erano preoccupati. Chiedevano informazioni. Inviavano notizie. Tutto non poteva permettere ai giovani di vivere una esperienza missionaria che richiede serenità, pace interiore e libertà di fondo. Dopo avere parlato singolarmente con alcuni. Dopo avere raccolto le preoccupazioni, le paure ma soprattutto la determinato desiderio di proseguire l’esperienza ho, durante un incontro, dato ai ragazzi tre possibilità. La prima era di rimanere a Goma con tutti i rischi di contagio. La seconda era di spostarci a Bukavu o Uvira dove abbiamo altre missioni e ci potevamo fare lo stesso l’esperienza con più serenità. E l’ultima era di tornare in Italia se la paura fosse cosi dominante. Ho lasciato del tempo ai ragazzi chiedendo di darmi una risposta personale, responsabile e maturata.

Ho ricevuto 5 “io rimango” a Goma e 1 “Goma o Bukavu è lo stesso per me”. Risuona ancora le singolari “io rimango”. Mi ha fatto pensare a due episodi. Il primo è dal Vangelo secondo Giovanni al capitolo 10,11-13: Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Il secondo episodio è quello dei martiri dell’Algeria. Di fronte alla morte imminente bisognava scegliere tra restare in Algeria o tornare in Francia. Hanno deciso di rimanere e sono stati uccisi.

I giovani avevano più alternative. Potevano spostarsi per vivere l’esperienza missionaria con più tranquillità. Potevano tornare in Italia, come suggeriva qualche amico. Ma hanno scelto consapevolmente di rimanere là con il popolo. Se prendo questa malattia, muoio ma non penso neanche un attimo di abbandonare i bambini. Sono consapevole del rischio, se muoio ok. Frasi del genere fanno pensare. Fanno crescere. Fanno riflettere. La vita è una. Come per dire Dio ce l’ha data per sprecarla, per consumarla, per spenderla amando le persone concrete. Rischiando per e con queste persone. Io rimango dalla bocca di una ragazza di 18 anni ha un senso singolare. Io rimango dalla bocca di una ragazza di 19 anni ti commuove. Se muoio muoio dalla bocca di una ragazza di 31 anni ti fa rabbrividire. Io non penso di abbandonare i ragazzi dalla bocca di un giovane di 21 anni ti tocca le viscere. Tutto questo nasce quando si fa l’esperienza di sentirsi Amati, il desiderio più grande e più importante di ogni persona. Solo se una persona si sente profondamente e singolarmente Amata, può intraprendere la strada dello stare per gustare quell’amore, quel bene, quella bontà.

Questa scelta personale è stato il punto di svolta, di non ritorno durante l’esperienza. È stato il momento di liberazione, di libertà, di una donazione più totale che io paragono a quella decisione di Maria che ha spaccato la bottiglia di puro nardo (assai prezioso) per versarlo su Gesù. Sprecare un profumo così prezioso, costoso, importante.

Con zelo più maggiore abbiamo ricevuto e dato l’amore all’orfanotrofio giocando, sorridendo e condividendo tante lacrime. Abbiamo più ricevuto l’amore di quanto potevamo dare dalle ragazze della comunità saint Joseph, dai bambini accusati di stregoneria di E’kabana. La nostra vita è da sprecare. La nostra vita è da mettere al servizio dei fratelli. come ci dice papa Francesco: «Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a domandarci: “Ma chi sono io?”. Tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: “Per chi sono io?”».[159] Tu sei per Dio, senza dubbio. Ma Lui ha voluto che tu sia anche per gli altri, e ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri.

Per concludere, lascio la parola a Ginevra Taccagni: 

Un po’ spaventati, abbiamo chiesto di incontrare un dottore per avere qualche informazione in più, e ovviamente non sono mancate le cattive notizie: prendere l’ebola è facile, basta un po’ di disattenzione. 
Alla domanda “Che fare?” abbiamo tutti risposto “Io rimango”. Senza esitazioni. 
Forse il Congo ci aveva già stregati, forse siamo stati folli e imprudenti o forse semplicemente avevamo capito il nostro ruolo. 
Oggi torniamo a casa pieni di emozioni e non senza qualche lacrima. 
C’è chi in Congo ha scoperto qualcosa in più sul mondo, sull’amore, sulla fede, su se stesso. Chi ha trovato il suo posto. Chi si è innamorato. 
Per molti di noi certo non sarà un addio; sicuramente, oggi inizia la parte più importante della nostra esperienza: raccontare, fino allo sfinimento, e cercare di trasmettere anche solo una minuscola parte dell’amore ricevuto. Difficile, forse... ma in fondo è questa la vera missione. 

 



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