Dopo una giornata di caldo afoso, mi seggo a scrivere questa lettera agli amici. Sono le 21:20 e dalla finestra che tengo aperta giunge il soffio della brezza. Un momento idilliaco che nessun ventilatore o sistema di aria condizionata potrebbe regalare. Dalle precipitazioni violente che hanno colpito la Brianza ed altre zone lombarde è conseguita una lunga serie di danni alle case e ai campi, ma dalle stesse pertubazioni anche questo soffio di brezza che, attraversato le pietre e il cemento della metropoli, è giunto silenzioso a lambire le spalle di un vecchio prete!
A suggerirmi questa lettera non fu il soffio della brezza che mi è arrivato improvviso e inaspettato, ma la pianticella di hybiscus di cui riporto la foto. La sede missionaria dell'isola Tanegashima, Sud Giappone, dove ho risieduto 8 anni, era circondata da una sciepe di hybicus dal rosso intenso. Ritrovandosi nel loro naturale habitat tropicale, ogni giorno dischiudevano delicatissimi calici rossi. Il fiore di hybicus fiorisce solo un giorno. Una cara evocazione personale: la ferita del costato dell'uomo della croce.
La pianticella di hybiscus riportata nella foto stava in bella mostra sulla bancherella di un fioraio bengalese in centro Milano. L'acquistai e lo trapiantai in un vaso del balcone. In estate le visite di amici si fanno frequenti e l'hybiscus darebbe loro il suo infuocato benvenuto. Quattro o cinque boccioli sembravano in procinto di fiorire nei giorni seguenti. Ma, ohimè! i boccioli, uno dopo l'altro, giunti al momento della fioritura, la membrana che li avvolgeva ingialliva e, infine. il bociolo si staccava ricadendo nel vaso. Così per una decina di giorni, ogni giorno uno o due boccioli chinarono il capo senza fiorire. Continuai a innaffiare la deludente pianticella; ed ecco la sua risposta: da una settimana ogni giorno una smagliante fioritura.
Certamente i boccioli caduti e i boccioli fioriti hanno obbedito alla legge fisico-chimica che presiede alla loro natura di hybiscus. Lo testimonierebbe ogni scienziato. Un economista potrebbe commentare che ci sono affari che rendono ed altri che al contrario sono una perdita. Un moralista non mancherebbe dal dire che se ci sono i buoni, ci sono anche i cattivi. Un politico sentenzierebbe che ci sono immigrati che vanno accolti ed altri respinti, specificando che i giovani italiani che emigrano altrove per una paga migliore di quella che già hanno sono il fior fiore dei nostri cervelli, mentre quelli che arrivano a noi dal Mediterraneo, anche solo per avere un pezzo di pane sono potenziali spacciatori.
L'hybiscus mi evoca una frase di Simon Weil: la religione è uno sguardo.
Nello sguardo che venera il legame dei boccioli caduti e di quelli fioriti, il legame dei fallimenti e dei successi della vita, il legame che lega reciprocamente i vacanziari che salpano verso le mete turistiche e gli affamati che attraversano il deserto e il mare per il cibo quotidiano, in tale sguardo aperto a tutti l'augurio di un periodo di riposo e di ristoro nel grembo della natura.
Un profondo inchino a chi offre le sue vacanze a una iniziativa di volantariato. Nel legame della preghiera!
p. Luciano