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Caio Rastelli (25.03.1872 - 28.02.1919) nacque a Ghiara di Fontanellato (Parma). Entrò nel Seminario che Conforti aveva fondato nel 1895 e fu ordinato sacerdote nel 1898.

Divenne quindi Vice Rettore del "Seminario Emiliano per le Missioni Estere".

Chiese in quello stesso anno al Fondatore, Guido Maria Conforti, di poter partire per la Cina. La risposta gli piombò sul capo come una piccola doccia fredda : "Ma Don Caio, come posso fare senza di te? Non vedi quanto sono occupato in Curia dopo che il Vescovo mi ha nominato Vicario Generale?"

Il 4 marzo dell'anno seguente, il 1899, fu il giorno degli addii. Rastelli partì da Genova il 7 marzo sul piroscafo tedesco "Prinz Heinrich". Giunsero a Shanghai il 15 aprile. Qui cominciò la trasformazione: bisognava diventare cinesi!

Arrivarono il 1° maggio a Taiyuan, la capitale della provincia dello Shanxi e del Vicariato apostolico. Rastelli si mise con tutte le forze a immagazzinare caratteri ideografici e a cimentarsi con i molteplici toni con i quali i medesimi caratteri vengono pronunciati.

Non passarono sei mesi che p. Caio fu destinato a una missione sui monti occidentali. A più di 300 chilometri dalla capitale si elevava un altopiano dominato dai monti Luliang. L'altezza si aggirava sui 1500 metri con alcune vette che superavano i 2500. P. Caio partì il 1° novembre, pieno di entusiasmo e di giubilo. La lingua divenne un incubo: da un paese all'altro la pronuncia era diversa e non riusciva a raccapezzarsi.

Nel frattempo, a Pechino era scoppiata la guerra (siamo nel 1900): numerosi rivoluzionari fanatici si erano scatenati contro i bianchi, che ritenevano invasori della loro terra. Erano i Boxer. Procedevano come orde selvagge, brandendo spade e fucili, la fronte legata con un fazzoletto rosso. Mentre a Pechino venivano moltiplicati gli assalti alla Legazione e alla chiesa, a Taiyuan si consumava la tragedia: .l'uccisione dei vescovi Grassi e Fogolla e di altri 42 europei, tra cui tutti i missionari.

Furono mandati messaggi a p. Rastelli perché si mettesse in salvo. P. Caio, vestito da contadino, con un gran cappello in testa e un sacco sulle spalle uscì di notte dalla residenza e marciò verso ovest. Arrivato al Fiume Giallo non lo riconobbero e lo lasciarono passare. Si recò nella residenza di un missionario al di là del fiume, ma si fermò un solo giorno; e fu fortuna perché il mandarino che gli era nemico gli aveva mandato dietro dieci soldati, promettendo un premio se lo catturavano.

P. Barnaba e Manini giunsero primi in Mongolia, a Xiao-kiao-ban, la residenza fortificata dei padri Belgi di Scheut. Era il 29 luglio: avevano viaggiato 22 giorni tra immense fatiche e timori. Qualche giorno dopo giunse anche Rastelli: era irriconoscibile per il travestimento e più ancora per la magrezza a cui si era ridotto per le strettezze della sua missione e gli strapazzi del viaggio.

Pochi giorni dopo scoppiò la persecuzione anche in Mongolia: il Vescovo e alcuni Padri furono uccisi, mentre gli altri si rifugiarono a Xiao-kiao-ban. I Boxer si ritenevano invulnerabili, ma quando una quarantina di assediati decisero di uscirgli incontro sparando e menando le spade, sei boxer caddero, malgrado la loro "invulnerabilità", e gli altri si diedero alla fuga.

Il giorno dopo ritornarono; e così mattina e sera e perfino alla notte. Il 15 settembre, dopo trentasette giorni di assedio, P. Rastelli non ne poté più: si mise a letto divorato dalla febbre. Alla fine di settembre una notizia circolò tra gli assedianti: le armate straniere erano entrate a Pechino, l'imperatrice si era data alla fuga e i soldati europei facevano strage dei cinesi. Forse da qualche parte era anche giunto l'ordine di ritirarsi: i Boxer lasciarono l'assedio e i mongoli, con i loro carri, si avviarono verso Ovest.

Qualche giorno dopo, P. Barnaba si avviò verso lo Shaanxi (Shenxi), la provincia a sud della loro missione. I due Saveriani dovettero attendere ancora quindici giorni perché Rastelli, non ancora ristabilito, non era in grado di intraprendere il viaggio. Partirono a metà ottobre; la guida, per non farli passare per le strade usuali forse pericolose, li condusse attraverso i monti, per sentieri impervii in una marcia che non finiva mai. Dopo quindici giorni, giunsero sfiniti a Xi'an, la capitale della Provincia dello Shaanxi. P. Rastelli pareva più malato di prima. Dovettero fermarsi per circa due mesi in attesa di un lasciapassare: solo il 10 dicembre lo ebbero nelle mani e il giorno dopo partirono.

Ciò che trovarono appena entrati nel territorio della missione li colpì al cuore: sette sacerdoti cinesi uccisi tra i tormenti, 1.500 o 2.000 cristiani massacrati; le chiese e le residenze distrutte o gravemente danneggiate; le case dei cristiani date alle fiamme e interi villaggi completamente rasi al suolo. Gli eccidi erano stati compiuti paese per paese e i sopravvissuti erano nella più squallida miseria.

La sera del 24 dicembre giunsero al convento di Tong-el-kou. I cristiani accolsero i Padri con grandi manifestazioni di gioia. Era già l'imbrunire e, dopo tanti mesi di silenzio, la campana della chiesa cominciò a suonare per chiamare i fedeli alla celebrazione del Natale. Nei giorni seguenti p. Rastelli fu nominato Procuratore della missione. Iniziò subito un disagiato viaggio, per la vasta pianura, per valli e per monti, di paese in paese a riscontrare le rovine, a consolare i superstiti, a soccorrere gli indigenti. Un compito forse troppo pesante per il suo fisico indebolito e più per il suo cuore angosciato.

Durò un mese questo suo peregrinare tra le miserie: si sentiva stanco da morire; tornato a casa ai primi di febbraio da un'ultima visita ai luoghi del dolore, si sentì male. Fu chiamato il medico cinese che diagnosticò il tifo. Furono tentati rimedi di ogni specie, si chiamarono dottori sempre più bravi, ma inutilmente.

Il 10 febbraio P. Rastelli volle alzarsi per far riposare le ossa rotte dal durissimo tavolato in cui giaceva. Il giorno 13 si accinse a scrivere una lettera al Fondatore e ai genitori, ma la sospese alle prime righe perché si sentì mancare. Lo riportarono a letto, madido di sudor freddo e preso da tremiti in tutto il corpo. Fu chiamato un vecchio medico di fama: diede qualche speranza, scrisse una ricetta e se ne andò. Da quel momento si notò un cambiamento strano nel carattere di p. Caio: prima coraggioso, sprezzante dei pericoli, ora timido, pauroso, bisognoso che qualcuno gli stesse sempre vicino.

Negli ultimi giorni trascorsi a Tai-yen-fu (Cina), al male fisico si aggiunse l'angoscia morale: lo avevano preso gli scrupoli. Il suo confessore, P. Francesco Saccani, lo  accompagnò e lo aiutò ad abbandonarsi nelle braccia misericordiose del Padre celeste. Rastelli come per incanto si calmò e passò tranquillo gli ultimi giorni.

Dopo un breve miglioramento, p. Caio entrò in agonia. Il 28 febbraio 1901 alle sei e un quarto ebbe un colpo di tosse e spirò. Aveva 29 anni meno un mese.

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