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Patrono: la vita

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"Solo per amore e servizio di Dio nostro Signore” è un’espressione della lettera che S. Francesco Saverio indirizzò ai suoi Compagni di Roma da Cochín il 20 gennaio 1548 dopo essere rientrato dalle Molucche. Essa esprime il primato di Dio nella sua vita e lo presenta come la fonte inesauribile della sua attività missionaria.

Francesco Saverio nasce nel castello di Xavier in Navarra il 7 aprile 1506. Egli è il quinto e ultimo figlio di una famiglia agiata e nobile.

Nella ribellione contro la Spagna, la  fortuna della famiglia ha avuto un tracollo irrimediabile e le ricchezze del casato si sono dissolte. Per Francesco tutto è perduto, fuorché l’onore. Quali prospettive si aprono al giovane Francesco? Non c’è più fortuna economica, la carriera militare e politica è sbarrata. Il solo orizzonte aperto è quello degli studi. Egli andrà all’università per percorrere la carriera giuridica o quella ecclesiastica.

A PARIGI (1525-1535)

Nel 1525 all'età di diciannove anni Francesco arriva a Parigi per frequentare l’Università più famosa di quel tempo. Alla fine dei primi tre anni, Francesco ottiene il titolo di “Magister artium”. Sono gli anni della modernità che vedono aprirsi nuovi orizzonti grazie alla scoperta del nuovo mondo e che risveglia anche l’intraprendenza apostolica dei missionari in un tempo in cui conquista ed evangelizzazione vanno di pari passo. Sono infine gli anni del travagliato rinnovamento della Chiesa che, per contrastare la Riforma evangelica di Lutero, cerca di superare la profonda crisi la affligge.

Parigi è un crocevia importante di tutte queste nuove tendenze che alimentano attese e inquietudini nel cuore degli studenti. In questa Parigi, Francesco nutre una ferma determinazione di farsi un nome e prepararsi un futuro.

Francesco era un giovane di belle speranze, ambizioso di carattere, intelligente e capace, brillante, impulsivo e festaiolo, dedito anche alla vita allegra degli studenti del suo tempo. Francesco studia e insegna nello stesso tempo, senza difficoltà particolari.

Dal 1529, Francesco Saverio condivide la stanza con Iñigo (Ignazio) de Loyola (1491-1556), già molto più anziano di lui,  con cui istaura un'amicizia sincera che diventerà sempre di più una profonda intimità spirituale.

A 28 anni Francesco è convinto di essere chiamato da Dio al sacerdozio e intende seguire Ignazio. Alla fine Francesco rimane sconfitto dalla combinazione dell’amicizia e della parola di Dio: “Qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?” (Mt 16,26). Questo è stato l’interrogativo evangelico che l’ha impressionato e che gli è rimasto fisso nel cuore. Francesco Saverio si unisce al piccolo gruppo dei primi Compagni. Ai primi tre amici si aggiungono altri quattro studenti. Dopo lunghe conversazioni, concludono che la strada migliore è quella di vivere nella povertà evangelica e nel celibato per il Regno di Dio.

IL CAMMINO VERSO LA TERRA SANTA E ROMA (1537-1540)

Verso la fine del 1536, mentre Ignazio rientra in Spagna, i suoi sette Compagni si disperdono in Europa dandosi appuntamento a Venezia per prendere la nave verso la Terra Santa. Entrano in Italia attraverso il Tirolo e, toccando Bolzano, Trento e Bassano, arrivano a Venezia. Passando per Ravenna, Ancona, Loreto e Spoleto. Il 25 marzo 1537 arrivano a Roma e ricevono la benedizione pontificia e anche degli aiuti per il pellegrinaggio. Sentono però anche che il viaggio sarà problematico. Francesco rientra allora a Venezia dove il vescovo Vincenzo Nigusanti gli conferisce il presbiterato.

Nei primi mesi del 1540 si sta preparando quella chiamata che determinerà in modo missionario la sua vita. L’ambasciatore del Portogallo, don Pedro Mascarenhas, per conto di Giovanni III, Re del Portogallo (1521-1557), chiede ad Ignazio sei confratelli per dilatare la fede cristiana nelle Indie Orientali che sono sotto il patronato del Re del Portogallo. Il suo compagno Padre Bobadilla al suo arrivo da Napoli, cade ammalato proprio alla vigilia della partenza. E’ così che Ignazio decide di mandare in India il suo segretario, Francisco de Xavier. Il Saverio, benché non debba essergli stato del tutto indifferente abbandonare Ignazio, non ha alcuna esitazione, pronto com’è ad andare ovunque sia.

Era il 14 marzo 1540. Francesco lascia Roma, i suoi Compagni e, soprattutto, il Padre Ignazio che non rivedrà più, ma cui rimarrà sempre affezionatissimo. Il viaggio fino a Lisbona durerà tre mesi.

VIAGGIO, MISSIONE IN INDIA (1541-1545)

La flotta reale portoghese parte il 7 aprile 1541, giorno del 35° compleanno di Francesco Saverio. Durante il viaggio il Saverio sceglie di alloggiare insieme con i suoi compagni nella stiva insieme con la ciurma. Il viaggio non è solo lungo, ma sfibrante. Ma ormai egli non si preoccupa più di sé. La flotta fa due soste, una in Mozambico e un’altra a Melinde (l’attuale Malindi) in Kenya e a Socotora (oggi Socotra), un’isola al largo della Somalia e di Aden.

Il 6 maggio 1542, dopo tredici mesi di navigazione, arrivano a Goa, capitale commerciale e politica dell’impero coloniale portoghese in Oriente. A Goa il Saverio conduce una vita povera e semplice, dedita alla carità e alle opere della pastorale e dell’evangelizzazione. Prepara una sintesi di dottrina cristiana che farà tradurre in lingua tamil, in malese e anche in giapponese e si preoccupa dell’educazione dei giovani.

Nell’autunno 1542, parte per la sua prima missione verso la Costa della Pescheria, nella parte sud-orientale dell’India oltre il Capo Comorín e di fronte all’attuale Sri Lanka, terra dei pescatori di perle e vi sono ventimila poveri paravas, strappati ai musulmani e battezzati nella Chiesa. Nell’ottobre 1543 ritorna a Goa dove riceve la nomina a superiore della missione delle Indie orientali.

Il Saverio non indietreggia davanti a nessuna difficoltà né ad alcun pericolo, quando si tratta di andare nel nome di Gesù Cristo a cercare i fratelli. Una sola cosa lo disturba profondamente: il rendersi conto che i missionari sono pochi!

MISSIONE A MALACCA E NELLE MOLUCCHE (1545-1547)

Mentre si trova nella Pescheria a San Thomé (l’attuale Madras), viene a sapere che i cristiani che si trovano nelle Isole Molucche (attuale Indonesia) sono privi di sacerdoti. Allora il 1 gennaio 1545 parte da Capo Comorín con destinazione Molucche, via Malacca (oggi Melaka). Malacca è uno snodo centrale del commercio portoghese in Oriente, città ricca ma anche corrotta. Appena arrivato, Francesco si dà alla predicazione e alle confessioni, ma anche qui sbatte contro l’handicap della lingua malese che egli non sa. Fa allora tradurre catechismo e preghiere e cerca di aiutarsi con gli interpreti.

A Malacca, nel dicembre 1547, incontra un giovane samurai giapponese, Anjiro che informa Francesco che accanto alla Cina c’era un arcipelago di isole abitate da gente bianca, intelligente e operosa, pronta a convertirsi. Il Saverio sente imperioso il dovere di andare a predicarvi il Vangelo. Anjiro sarà l’intermediario provvidenziale per questa nuova impresa. Torna a Goa, istruisce e battezza tre giapponesi (tra cui Ajiro chiamato Paolo) e per un anno ancora visita l’India.

MISSIONARIO IN GIAPPONE (1549-1551)

Dopo Finalmente il 15 aprile 1549, può ripartire per Malacca e di lì per il Giappone. E’ un viaggio di circa 3.000 miglia che il Saverio affronta confidando in Dio e soffrendo molto. Il 15 agosto 1549 arrivano sulle coste dell’isola nel Kyushu e sbarcano a Kagoshima, capitale del regno del Sud e patria d’Anjiro. Francesco è rapito di stupore per la bellezza, la semplicità e la pulizia del luogo. 

La sua aspirazione è di recarsi a vedere l’imperatore che egli crede - ma si sbaglia - abbia potere su tutto il Giappone. Viene accolto con grande benevolenza dal Daimyô dal quale riceve un monastero per farne una casa religiosa e il permesso di predicare il Vangelo in Giappone. Gli inizi sono promettenti: il Giappone sembra aperto all’azione missionaria, tanto che il Saverio in questi anni (1549-1552) è pieno di speranza, perché sono molti i Giapponesi che vengono a parlare con lui. Egli cerca di rispondere ai loro interrogativi e li porta anche al battesimo. Alla fine, le conversazioni con i bonzi fanno capire a Francesco che per convertire i giapponesi bisogna passare per la Cina.

Il 15 novembre 1551 lascia il Giappone e ritorna a Goa. Arriva in India al porto di Cochín nel Kerala il 24 gennaio 1552. La sua intenzione è di vedere i suoi Compagni, cercare nuovi missionari e ritornare in Estremo Oriente per entrare in Cina.

LA CINA ALL'ORIZZONTE (1552)

Al momento della partenza verso la Cina Francesco è accompagnato solo dall’interprete cinese,  dal suo domestico indiano, e per poco tempo da un confratello. E’ il mese d’ottobre 1552. Il Saverio stesso nelle sue lettere racconta di non essere stato troppo bene. Il 28 novembre perde la parola e rimane silenzioso per tre giorni, senza riconoscere più nessuno né mangiare nulla. All’alba del 3 dicembre 1552 il suo servitore Antonio comprende che per Francesco si sta avvicinando il momento della morte. Accende allora una candela, secondo l’uso dei cristiani portoghesi, e gliela mette in mano.

Così Francesco il 3 dicembre 1552 muore all’età di 46 anni e 8 mesi. Muore senza un lamento, in solitudine, senza il conforto dell’Eucaristia, ma con la candela in mano, segno di quella fede vigilante ricevuta nel battesimo, che mai è venuta meno.

Viene sepolto sull’isola di Sangchuan in una cassa di legno e sulla sua tomba vengono poste alcune pietre come segno di riconoscimento. La notizia della sua morte arriverà ad Ignazio solo due anni dopo.

Pochi mesi dopo la sua morte, il corpo del Saverio viene riesumato dalla tomba provvisoria di Sancian e portato a Malacca e poi a Goa dove arriva nel marzo del 1554 per essere sepolto nel Collegio di San Paolo di Goa.

Settant’anni dopo la sua morte, nel 1622, Francesco Saverio è proclamato santo dal Papa insieme con il suo padre, Ignazio di Loyola. Nel 1927 Pio XI lo proclama patrono di tutte le missioni cattoliche insieme con Santa Teresa del Bambino Gesù di Lisieux.


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