Quando si va in un mercato africano, soprattutto nelle città, si rimane meravigliati per tutto quello che si vede. C’è il settore alimentare (frutta, verdura, carne e alimenti vari), il settore tecnico (materiale per costruzione, attrezzi vari per le necessità della casa). C’è un settore molto frequentato ed è quello , diciamo, della moda. Si vendono pezzi di stoffa, soprattutto i wax, per confezionare sul posto i vestiti delle donne. Naturalmente ci sono i sarti anche per i vestiti maschili. E poi, e qui, c’è molta animazione, c’è il settore vestiti usati. Sono dei grandi balloni che provengono dall’estero (Italia compresa). Quando vengono aperti, c’è una cascata di vestiti, scarpe…il venditore comincia a farli vedere e subito c’è un affollamento a chi riesce a procurarsene il maggior numero possibile. Chiedo a qualcuno come mai ci sono delle persone che ne acquistano molti. Mi rispondono che non sono per loro, ma ne fanno la scorta, perché poi andranno a venderli nei mercatini dei villaggi dell’interno, naturalmente con il prezzo maggiorato per poterci guadagnare qualcosa. Quando l’affollamento comincia a diminuire, mi avvicino anch’io e vedo se c’è qualcosa di interessante. Vedo un paio di scarponcini marroni, li provo. Vedo che mi vanno bene (c’è scritto made in Italy). Li compero e vi assicuro che li ho usati per molto tempo. Ma la domanda sorge spontanea. Come mai sono arrivati fino nel mercato di Bafoussam (Camerun), chi li ha spediti dall’Italia, chi li ha raccolti (forse nei cassonetti degli abiti per i poveri). Forse ci ricordiamo che tanti anni fa la gente era invitata a mandare dei vestiti in India e dentro le tasche degli abiti c’erano i nomi e qualche frase del donatore. Si racconta che diversi li hanno comperati al mercato da quelle parti e non sono finiti alle persone bisognose