QUANDO VADO A PARLARE NELLE PARROCCHIE SULLE MISSIONI
Ci ritroviamo oggi per ricordare il nostro comune impegno missionario di annunciare il Vangelo sempre, dovunque e a qualsiasi età. La presenza dei saveriani ci può aiutare, come ha aiutato i missionari, a condividere le gioie e le difficoltà di questo impegno comune. Riandando indietro nel tempo e aggiornandolo con gli avvenimenti di questi ultimi anni, ci sono delle cose che ritornano e che mi danno la possibilità di condividerle con voi. La prima cosa che colpisce in Africa è l’accoglienza reciproca, se vedono che il tuo cuore non ha altro scopo se non di vivere insieme con loro una parte o, per i più fortunati, tutta la tua vita con loro. Naturalmente, ti devi sentire a casa tua e non pensare a quello che hai lasciato in Italia. Ora la tua vita è insieme con loro e quindi devi cominciare a conoscerli, a voler loro bene, ad incoraggiarli, a far sentire loro che ti senti uno di loro. E quindi anche ad apprezzare le cose belle che loro hanno. Poi ti devi lasciare coinvolgere nei loro problemi, lottare insieme con loro per la giustizia, non avere paura di sporcarti le mani. Viaggiare anche insieme con loro, con i loro ritmi, lasciando da parte l’orologio e i tuoi pregiudizi. Ora quella è casa tua. E poi, andarli a trovare nelle loro case, sederti vicino a loro e ascoltarli per tutto il tempo che è necessario. Magari riempirti le scarpe di fango, durante la stagione delle piogge o di polvere rossa durante la stagione secca. Non lamentarti più di tanto se le zanzare vengono a farti visita e ti lasciano il dono della malaria. Condividere con loro il cibo che ti offrono, accettandolo anche se, a prima vista, ti dà l’impressione che non ti piace. Se lo mangiano loro, perché non puoi mangiarlo tu, o almeno assaggiarlo, pensando alla fatica delle mamme nel prepararlo e nell’offrirtelo con gioia. Pregare insieme con loro, leggere la Parola di Dio e cercare con loro come renderla concreta, nell’impegno cristiano della carità. E poi durante le celebrazioni non guardare l’orologio (tranne quando devi andare in un altro settore della parrocchia) e lasciarti andare a cantare, danzare con loro per condividere la gioia di sentirsi fratelli e figli dell’unico Dio che ci vuole bene. E poi…si potrebbe continuare con tanti episodi, tanti volti che ritornano alla memoria, che hanno portato qualcosa di speciale, che hanno dato significato alla tua vita, che ti hanno fatto dire che ne valeva la pena e che ti fanno invidiare chi è ancora in missione, sul campo di lavoro. In questi anni qui in Italia, cerchiamo di condividere con voi quello che abbiamo ricevuto e quel poco che abbiamo dato e che ci fa capire che c’è gioia, quando si condivide insieme. E che ci chiede di fare qualcosa anche noi, attraverso la preghiera, il contributo economico per dare loro una mano, l’entusiasmare qualcuno-a a dare i migliori anni della loro vita a questi fratelli/ sorelle. Nonostante che qualcuno lo dica forte, non vengono qui da noi a portarci via il lavoro o a fare cose brutte (certo non tutti sono santi), ma vengono a ricordarci che anche a causa di certe nostre scelte, ora stanno soffrendo perché anche loro hanno diritto a un futuro dignitoso, a qualcuno che dica loro che non sono soli, che lotti con loro per dare un mondo migliore ai loro figli. Non possiamo chiudere i nostri occhi, ma abbiamo il dovere di conoscere quello che succede nel mondo e di farlo con la nostra testa e con il nostro cuore. Io sono cittadino del mondo intero e sono responsabile di quello che succede intorno a me. Non possiamo dire che non sono affari nostri. Come cristiano ho accettato di allargare il mio cuore, come Gesù mi ha insegnato e per questo ha dato la sua vita per ciascuno di noi, senza guardare al colore della pelle, alla lingua, alla provenienza.