AVREMO ANCHE GIORNI MIGLIORI - INTERVISTA A ZEHRA DOĞAN
Corpi. Soprattutto corpi femminili sono quelli ritratti nelle opere di Zehra Doğan, artista e giornalista curda, che abbiamo incontrato a margine di una grande mostra (aperta fino all’1 marzo), la prima a livello internazionale, dedicata al suo lavoro da un’importante istituzione culturale, la Fondazione Brescia Musei. Corpi e materia, tracce ancora calde, o irrimediabilmente aggrumate e illividite, di quasi tre anni passati nelle terribili galere turche, gran parte dei quali in un carcere di massima sicurezza, accusata di “propaganda terroristica” dalle autorità del paese, per un disegno nel quale trasfigurava una fotografia dell’esercito turco in mostri-scorpioni voraci e sanguinari.
Nei dipinti stesi sugli asciugamani – come quello delicatissimo e straziante, dedicato a Muğdat Ay, un bambino di 12 anni ucciso a Nusaybin – l’uso del colore (una penna a sfera, il tè) si fonde magistralmente con la trama della spugna, il tessuto non è solo un supporto, da esso emana e trascolora una storia dolorosa e vitale, fatta dei radi incontri con i cari in parlatorio, del sudore amaro asciugato dalla fronte, del profumo pulito della cura, degli scambi clandestini per portare le opere fuori dal carcere. L’esile ordito di riccio, curato con maestria – come nelle biglie strette forti tra le mani del piccolo corpo esangue di Muğdat Ay, o nel piumaggio multiverso del rapace che scortica senza pietà uomini e donne innocenti in “Gever” – ondeggia lievemente davanti a noi, come una scultura vivente che irriducibile resiste ad ogni oltraggio, ogni sopruso, certa che “arriveranno anche giorni migliori”.
Asciugamani, camicie, lenzuola, assieme a bucce di melograno, sangue mestruale, curcuma e caffè sono gli strumenti della resistenza.
L’eros delle donne di Zehra, anche quando esse sono torte, violate e maciullate, è più forte, prorompente e vitale del thanatos brutale degli oppressori. I giornali dipinti, colorati e disegnati, sono una doppia voce, quella dell’arte e della denuncia, intrecciate assieme dall’amore, dal bisogno di giustizia e di libertà per il popolo curdo, per ogni popolo oppresso.