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Un presbiterio senza altare?

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Durante il restauro dell'abside negli anni 1997-99 sono venute alla luce tracce di oro zecchino sul festone con putti e frutta che corre lungo la parete di sinistra. Possiamo solo immaginare tra quali splendori dovevano svolgersi le funzioni liturgiche, la luce delle candele riflessa dal giallo metallico degli ori sulle pareti vivamente affrescate tra nubi di incenso ascendenti dall'altare. Ora questo spazio sacro è diventato muto,  anche se restaurato e rioordinato dopo la posa del coro ligneo: si presta a vari utilizzi, sempre nel rispetto della sacralità del luogo, come conferenze, mostre, concerti, ma anche celebrazioni di S. Messe ad uso interno in occasione di ritiri spirituali o Messe comunitarie di larga partecipazione, per le quali la cappella interna risulta insufficiente. Al posto dell' altare quindi è ora un tavolo ad uso conferenze, ma anche celebrazioni liturgiche. Se spostato dà la possibilità di creare una spazio per rappresentazioni sacre o concerti in sinergia con l'organo restaurato e ripulito ormai più di una volta.

Nel 1972-73 l'altare di marmo botticino del seminario, eretto su disegno del geom. Marchesi, venne smontato e spostato in applicazione delle norme del Vaticano II che promuovono la celebrazione rivolta al popolo. Fu sostituito in un primo momento dal massiccio sarcofago-reliquario, ora nella prima cappella laterale, poi da un altro di legno intarsiato firmato Poisa 1970, che al presente svolge meglio la sua funzione nella cappella interna. I segni della modestia del vecchio altare sono visibili in cortile nelle due lastre bianche che inquadrano la porta di ingresso al terzo chiostro e nei blocchi-sedile sotto le piante del parcheggio.

La parete di fondo del presbiterio è occupata da un crocifisso ligneo di stile classico assai apprezzato dai visitatori, scolpito nel 1970 dall'artista bergamasco Antonio Gritti operante nel laboratorio in via Spaventa 22 a Bergamo dove lavorava in tandem con il più famoso scultore in bronzo Giacomo Manzù o Manzoni, amico di papa Giovanni XXIII. In passato le note parlano della presenza di una grande finestra, ancora segnata nel muro esterno absidale, forse dotata di vetrata a tema eucaristico opera degli stessi Gesuati esperti in tale arte, come nel caso fiorentino. Più tardi la finestra fu murata, probabilmente per il fastidioso controluce, e lo spazio occupato da una pala d'altare commissionata al Romanino.

L' ormai perduto POLITTICO DEL ROMANINO.

E' certo che nell'agosto 1511 il Romanino, descritto come Hieronimus de Rumano "pictor excellens", firmava un contratto con il priore Oliverius per un polittico a sei scomparti per la somma di 60 lire planete da versare a rate alla consegna di ognuno dei sei scomparti del polittico. Fissato all' agosto dell' anno successivo il termine per la consegna del dipinto, ne viene mostrata la cornice all' artista che è esplicitamente pregato di usare oro fino e blu ultramarino.

Camillo Boselli ( ed. 1961 ) ritiene di identificare parzialmente i resti di questa opera in due santi di Kassel e in frammenti di proprietà Cunietti. Due di questi scomparti rappresentanti i santi Pietro e Paolo sono riapparsi in pubblico, esposti a Palazzo Martinengo durante la mostra del 2014 e documentati nel relativo catalogo. Il Paglia (1675) scrive di una pala lignea successiva, ormai dispersa, ove in sei vani Ieronimo Serijni (pittore sconosciuto, citato da F. Paglia probabile corruzione di Gerolamo Romanino) rappresentò la Madonna in Maestà con i quattro Evangelisti, e S. Girolamo, Cristo Eucaristico, la Maddalena, S. Giovanni, S. Pietro, S. Paolo eremita, insieme a una Annunciazione, figure che possono coincidere con i sei scomparti della pala del Romanino.

Da Archivio Vaticano 3 marzo 1580 risultano varie donazioni di legati per S. Messe Perpetue. Per la loro celebrazione vi erano tre altari, il principale corredato di un tabernacolo ligneo e altri due, non si capisce dove, che figurano non aver reddito sicuro. Uno di questi fu aggiunto in seguito alle disposizioni testamentarie del 1527 di un certo Bernardino de Brendulis vicentino che lasciò 300 ducati d' oro per la celebrazione di S. Messe Perpetue e la erezione di un altare ornato dell' immagine della Vergine e di S. Agostino dove pregare per la sua anima e ivi trovare sepoltura. Ci sono dei legati e impegni di S. Messe lasciati per un certo Massimiliano, per i Palavicini, del Giovanni Testa, della Laura Gaffura, di Giulio e Ludovico Martinengo, per cui tutti i frati percepiscono un reddito e si impegnano a celebrare quattro Messe al giorno.

Viene inoltre data notizia dell' esistenza di un Oratorio con altare, cioè l' attuale Cappella Interna, dove i frati ricevono la Eucaristia e di un altro oratorio del Sacro Volto sempre con altare presente nel viridario (la cappella di S. Pietro in Ripa dei documenti antichi) per un totale di 27 frati e reddito annuo di ducati 250.

Dai Decreti della visita apostolica di San Carlo Borromeo del 2 novembre 1581 si nota che la chiesa est consacrata pulchra et picturis ornata dipende dalla parrocchia di S. Zenone al Foro… Viene fatto obbligo di liberare entro tre giorni (triduo) le pareti da bandiere e sepolcri prominenti non confacenti a un edificio sacro, pena la sospensione della celebrazione della S. Messa… L' area del presbiterio sia chiusa da una cancellata conveniente come pure le tre cappelle... Si consacri l' altare maggiore…Sia inserita una pietra sacra nella mensa lignea che è nell' oratorio (di S. Girolamo)".

Il 9 novembre 1605 il padovano Lorenzo Pignoria poeta e storico famoso, canonico di Treviso, scrive a Paolo Gualdo arciprete della Cattedrale di Padova del soggiorno presso i Gesuati bresciani: " Il sito è ameno e Arcadico, per così dire, che a me pare di essere traslato nell' amenissima di Tessaglia e in Valclusa a sentire l' aura rumoreggiante per li frondi far la prova con Eco …".


     Il 7 giugno 1669 un documento notifica il passaggio di proprietà del convento ai Minori Riformati. Fa seguire l' elenco delle messe ridotte del 1641 e 1647 e da ridursi, celebrate annualmente, quotidianamente o in perpetuoi suffragio di alcuni cittadini benefattori della chiesa.

Nel 1710 la chiesa viene definita " Chiesa antica molto comoda al quartiere della Parrocchia ove è collocata". Nella visita pastorale del vescovo di Brescia cardinale Molin del 28 gennaio 1756 vengono registrati "P. Minori Riformati detti del Corpus Domini in numero di 46 con servi familiari 1".

Nella relazione della Visita Pastorale di mons. Gabrio M. Nava del 1821 si fa cenno a tre altari, quello maggiore e gli altri due della Vergine e di S. Pasquale, non viene nominata la cappella centrale. In quella di mons. Verzieri del 1853 si citano S. Giulia (altare della Vergine), S. Antonio (prima cappella) e della Natività al centro.

Attualmente in seminario nuovo sono ancora presenti le due tempere del Moretto rappresentanti l' Ascesa - la Caduta di Simon Mago che stavano alla parete sinistra a copertura del vuoto lasciato dal mausoleo Martinengo, in origine facenti parte delle ante dell'organo di S. Pietro in Oliveto e quindi estranee al patrimonio di S. Cristo.

Da una recente ricerca (Parma 2001 del dott.Loda Angelo) risulta che la tela di S. Pietro d' Alcantara presente nella quadreria del Seminario, già in S. Cristo e indicata come opera di Maestro lombardo del XVIII secolo è sicuramente di Pompeo Ghitti, a lui attribuita già dal Maccarinelli (1747) e dal Brognoli (1826).

L' unica tela francescana rimasta presso i Missionari Saveriani è il S. Antonio da Padova (o meglio S. Bernardino da Siena con il Monte di pietà ) del Bernardino Bono, citata fra quelle della prima cappella laterale.

La lista doveva essere ben più ricca, se vengono nominate opere come la Immacolata Concezione di Agostino Saloni o Salloni (potrebbe essere una delle tre presenti in Seminario), il S. Francesco di Assisi  di Francesco Paglia, una deposizione con influssi dei Campi, un S. Benedetto di Giovanni Battista Brentana, un volto di Cristo dipinto su lastra di botticino di anonimo, custodito in S. Maria in Calchera.

Non esiste nella raffigurazione nulla che si riferisca alla vita di S. Chiara (forse intravista tra i personaggi nell' Estasi di S. Francesco), né di Giacobbe, bensì di Abramo che incontra Melchisedech e sacrifica Isacco, tanto meno viene citato il sogno di Giacobbe, probabile confusione con Elia e l'angelo. Tra i pittori operanti il Pietro Da Cemmo è da escludere, chiarito ormai l'errore di lettura della didascalia gotica dell'ex-voto originato dal Morassi.

Quanto agli altari delle cappelle laterali si è conservato intatto quello della Madonna di Lourdes in legno e madreperla, provvisto di mensa lignea. La cappella di mezzo conserva il paliotto intarsiato, venendo meno la mensa da quando si è estratto il sarcofago che la sosteneva, prima per destinarlo ad altare principale nel presbiterio, quindi definitivamente sistemato nella prima cappella. Qui si mostra in tutta la sua massiccia possanza a sostegno della statua lignea di S. Francesco Saverio opera di buona fattura, donata dell' ing. Lechi ai Missionari Saveriani alla fine dei lavori di restauro condotti insieme all' arch. Montini nel recupero del convento.

In conclusione San Cristo ha perso un po' alla volta quasi tutti i suoi quattro altari, segno dei tempi che cambiano. Ai primi dell' Ottocento la chiesa era ancora funzionante a tutti gli effetti alle dipendenze di San Zeno nella parrocchia del Duomo, perché il quartiere era densamente abitato. Già con mons. Capretti era diventata cappella interna del Seminario. Come tale continuò con le tre classi medie dei Saveriani fino all'anno 1990.

Allo stato attuale ha ritrovato una sua ragion d' essere come centro di incontro e di accoglienza, subendo la stessa trasformazione di altre chiese cittadine a cominciare da S. Giulia ora auditorium del museo, San Barnaba per le conferenze del comune, il San Carlino ecc.. La presenza del settore editoriale dei Missionari dal settembre 1992 con la Libreria dei popoli ne fa luogo di attrazione per convegni, legati a tematiche della rivista CEM Mondialita' per le scuole di ogni ordine e grado e della rivista Missione Oggi per la ricerca delle nuove vie della missione.

Giuridicamente fa parte della parrocchia del Duomo dove funzionano celebrazioni regolari anche in San Clemente, San Faustino in Riposo alla Porta Bruciata, S. Maria della Carità di via Musei, S. Pietro in Oliveto dei P. Carmelitani, San Zeno al Foro, S. Maria delle Consolazioni per un totale di appena 2000 fedeli in prevalenza anziani, quindi con una offerta religiosa più che abbondante.

Questo non esclude che all' occorrenza, essendo la chiesa consacrata dal 1501, si possano celebrare S. Messe come avviene in particolari circostanze per i gruppi in ritiro o per incontri di movimenti. Sicuramente la bellezza dell' apparato decorativo continua ad affascinare tanti giovani soprattutto coppie di fidanzati che esprimono il desiderio di poter coronare il loro sogno in questo contesto di colore. Le disposizioni pastorali della diocesi sono chiare per la celebrazione  nella chiesa parrocchiale e non concedono più di tanto. Rimane comunque la disponibilità dei chiostri che secondo la necessità è servita e può servire per tenere un momento di incontro, un rinfresco dopo la cerimonia religiosa, che può diventare anche un pranzo di nozze prolungato come cena fino a notte al lume di candela negli spazi dei chiostri, non meno suggestivo e seducente.

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