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CONGO RD / MONSENGWO E MUNZIHIRWA VESCOVI PROFETICI SEMPRE DALLA PARTE DELLE VITTIME

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Il 1° novembre 2018, papa Francesco ha accettato le dimissioni del card. Laurent Monsengwo Pasinya dal governo pastorale dell’arcidiocesi di Kinshasa per raggiunti limiti di età. Gli succede il coadiutore mons. Fridolin Ambongo Besungu, OFM (cappuccino). Monsengwo è a tutt’oggi il simbolo di una Chiesa africana attenta alla realtà, impegnata nella difesa della vita e ormai la sola voce a levarsi contro le derive del potere politico. Classe 1939, ordinato presbitero nel 1963, nominato vescovo ausiliare di Inongo nel 1980 da papa Giovanni Paolo II, dopo poco più di un anno, è stato nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Kisangani. Arcivescovo di Kinshasa dal 2007, è stato più volte presidente della Conferenza episcopale congolese (CNC) e presidente del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e Madagascar (SECAM). Papa Francesco l’ha chiamato a far parte del C9, Consiglio di nove cardinali per la riforma della curia romana.

Il 29 ottobre, nell’arcidiocesi di Bukavu si è chiuso il processo diocesano di beatificazione di mons. Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo, assassinato 22 anni fa, il 29 ottobre 1996, durante la guerra di occupazione del paese (allora Zaire). Noto per il coraggio profetico, con cui denunciava ogni male e ingiustizia, Munzihirwa aveva previsto la guerra e l’invasione del paese da parte di gruppi armati stranieri (enfasi giornalistica per non nominare i paesi vicini!). Il 29 ottobre 1996, mentre la città di Bukavu veniva occupata dall’AFDL (Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo), guidata da Laurent Kabila, padre dell’attuale Joseph Kabila, Munzihirwa fu assassinato con un colpo di pistola alla nuca da soldati in uniforme, che lo avevano fatto inginocchiare tra le strade deserte di Bukavu. Il suo corpo fu ritrovato in un angolo della piazza che oggi porta il suo nome.

La Caritas congolese ha reso noto che dalla fine di ottobre 2018 più di mezzo milione di congolesi sono stati espulsi dall’Angola, paese vicino, con cui il Congo RD condivide più di 2000 km di frontiera. Gli espulsi sono tutti lavoratori informali del settore minerario nel nord-est dell’Angola. Sicché la provincia congolese del Kasai, già colpita dal fenomeno “Kamuina Nsapu”, un gruppo di miliziani che ha provocato più di 3000 vittime e circa 1 milione e 400mila sfollati, ha dovuto assorbire anche questo nuovo massiccio flusso di persone, senza alcun aiuto da parte del governo centrale dello Stato. L’accoglienza è stata organizzata quasi esclusivamente dalle Chiese e da persone di buona volontà, che hanno offerto quel che potevano per rendere meno drammatico questo rimpatrio forzato. Da ricordare che nel 2015 oltre 200mila congolesi sono stati forzatamente rimpatriati da Brazzaville, capitale della vicina Repubblica del Congo. Le due capitali sono separate dal solo fiume Congo e sono le due capitali più vicine del mondo.



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