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CILE / UNO TSUNAMI SULLA CHIESA CATTOLICA

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Non s’era mai visto nella storia della Chiesa che un intero episcopato rimettesse ogni incarico nelle mani del Papa. D’altro canto quello che sembrava l’ennesimo, ma circoscritto, scandalo legato ad abusi sessuali su minori compiuti da ecclesiastici – nello specifico le complicità del vescovo di Osorno, in Cile, nelle violenze del suo maestro, p. Fernando Karadima – si è trasformato in uno tsunami, rivelando connivenze, coperture e deviazioni episcopali e cardinalizie.

Grazie di certo al Papa, che prima ha difeso senza mezzi termini il presule, poi ha inviato mons. Charles Scicluna nel paese sudamericano per indagare sulle accuse, quindi ha scritto ai vescovi cileni ammettendo di aver commesso “gravi errori di valutazione, per mancanza di informazioni veritiere”, e, dopo averli convocati a Roma (chiedendo prima scusa di persona ad alcune vittime), ha parlato loro di “psicologia d’élite” che sfocia in “spiritualità narcisiste e autoritarie”, di “perdita di profetismo”, di “messianismo, elitarismo e clericalismo” come “sinonimi di perversione nell’essere ecclesiale”. Grazie, dunque, a un Papa che sa riconoscere di aver sbagliato, chiedere scusa per le proprie colpe, mettere le persone prima dell’istituzione, vedere le radici del male nella Chiesa.

Ma grazie soprattutto alle vittime, che hanno trasformato le proprie ferite in indefettibile perseguimento della verità, e ai laici e alle laiche di Osorno, che per tre anni si sono mobilitati, venendo perfino a Roma, per chiedere la rimozione di mons. Barros, subendo l’ostilità dei vescovi e sentendosi dallo stesso Francesco chiamare “sciocchi” e “manipolati da sinistroidi”. Ma non hanno mollato. Un bell’esempio di dignità laicale e corresponsabilità ecclesiale! E una prova di quell’“olfatto” che l’Evangelii gaudium (n. 31) riconosce al “gregge”, per cui a volte il vescovo “dovrà camminare dietro al popolo”. È tempo di recuperare l’adagio “Nessun vescovo imposto”, coinvolgendo le comunità cristiane nelle nomine episcopali.



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